dettagli oggetto

inventory

175929.2

name

Holbein

type

-

material

-

geographic area

Anatolia

zone

occidentale

date

15° secolo, I metà

inscriptions

-

height

502

width

260

fragment

-

collocation

-

Tappeto a grandi disegni “Holbein”
Anatolia occidentale
XV secolo, prima metà
cm 502 x 260
inv. 175929

Capolavoro assoluto della tessitura anatolica, questo esemplare della collezione Zaleski è una pietra miliare nella storia dell’arte del tappeto, nonché testimonianza della fascinazione di Venezia nei confronti di questi straordinari manufatti.

L’esemplare, comparso per la prima volta in un’asta del 20021, non presentava precedenti collezionistici. Appartiene a una delle categorie di tappeti turchi più apprezzati nella Venezia quattrocentesca, come i pittori documentano, e la storiografia intitolò questo, e altri disegni simili, al pittore tedesco Hans Holbein il Giovane a seguito di un noto quadro in cui compare un motivo affine.

Il manufatto presenta un ricco decoro su campo blu in cui una fitta maglia di ottagoni e di piccole stelle accoglie quattro grandi ottagoni incastonati in rettangoli rossi. Racchiude il quadro una tripla bordura: due fasce esterne speculari a disegno pseudo cufico “aperto” e una centrale a cartigli.

L’analisi specifica dei decori e della composizione generale ha permesso a Jon Thompson di collocare il rarissimo manufatto in un’ampia prospettiva storico-artistica. Proprio i disegni all’interno degli ottagoni indicherebbero il lascito di una tradizione decorativa islamica formatasi in epoca selgiuchide (XI-XIII secolo), dove piccoli motivi a intrecci geometrici si ripetevano in sequenza modulare a coprire superfici in marmo, legno e stucco. Nella medesima tradizione, scritti epigrafici di significato sacro qualificavano le opere d’arte come espressione della magnificenza divina; in particolare, era utilizzato lo stile più antico della scrittura araba, il cufico, in cui spiccano elementi verticali, “ganci” o riccioli, e linee orizzontali. Ben presto appendici vegetali intervennero ad arricchire la scrittura, che di lì a poco fu tradotta in un vero e proprio decoro, in parte svincolato dall’aderenza a uno specifico significato letterale, e successivamente declinato in innumerevoli varianti e in svariate forme d’arte; in particolare, nei tappeti viene chiamato “pseudo cufico”. La variante “aperta” presente in questo tappeto rappresenta la forma più vicina all’originale epigrafico, mentre forme derivate (“chiuse”) se ne distaccano maggiormente.

Mentre i manoscritti islamici del XIV secolo testimoniano la presenza diffusa di motivi modulari intrecciati e frammisti con minuti elementi vegetali, è plausibile immaginare che un simile impianto fosse l’antecedente del tappeto qui in esame, in cui i motivi vegetali sono leggibili nei “germogli” che orlano l’ottagono e negli intrecci d’angolo.

Si suppone che in un dato momento, prima del XV secolo, disegnatori avvertiti delle necessità tecniche dell’annodatura abbiano rielaborato tali disegni per creare motivi “annodabili” come quello in esame. La forma più dettagliata e antica è visibile in uno straordinario esempio conservato al museo TIEM di Istanbul. Nel confronto tra questo e altri esempi comparabili, il tappeto Zaleski appare portavoce e felice sintesi di una lunga tradizione tra i rarissimi esemplari al mondo. L’unico esemplare con impianto simile è conservato a Berlino, il cui disegno, però, risulta meno aderente a un ipotetico modello originario: i piccoli ottagoni non sono più ancorati in una fitta maglia decorativa ma fluttuano intorno ai grandi ottagoni, lasciando prevedere ulteriori sviluppi quando un grande elemento campeggerà solitario sul fondo. Non solo, ma elementi estranei come i tre medaglioni di tipo “Crivelli” nella parte superiore del campo intervengono a spezzare l’unità stilistica e compositiva.

Lo studio comparato di annodati coevi in ambito islamico porta Thompson a dedurre che lo stile originario a disegni intrecciati facesse parte di un lessico decorativo comune che appare rielaborato in versioni affini ma distinte. Tappeti dell’Egitto mamelucco, di Anatolia, della Spagna moresca, del gruppo “damaschino” e dei principati persiani durante il Quattrocento presentano, infatti, disegni a stella, a intrecci e a raggiera, come dimostra un esemplare conservato nel palazzo Chehel Sotun di Isfahan.

Altro elemento antico è la bordura cufica: non solo è doppia, a indicare la ricchezza della tessitura di questo manufatto, ma utilizza una figurazione tra le prime apparse nei tappeti dipinti dai pittori. La versione di tipo cufico “aperto” è, infatti, un’elaborazione del disegno più antico, affine a quello dipinto da Mantegna nella Pala di san Zeno (1457-1459), i cui elementi sono ricomposti in sequenza diversa. Il disegno della fascia centrale, cosiddetto “a cartigli” si compone di esagoni gialli e azzurri su fondo blu che incastonano una rosetta bicolore, e rivela all’occhio una peculiarità del disegno anatolico classico: la pari dignità grafica tra lo spazio negativo e quello positivo. Lo stesso effetto è presente nel complesso decoro al centro degli ottagoni, dove ogni forma creata ne origina un’altra di pari valore, in un continuo “gioco delle parti”. Secondo lo studioso di tappeti Robert Pinner, è impossibile affermare se tale risultato sia dovuto a un progetto cosciente, o piuttosto alle aspettative di spettatori affascinati e desiderosi di comprendere tali rappresentazioni. Diversamente, il collezionista e architetto americano Christopher Alexander puntò l’attenzione sulla ponderata e classica armonia della composizione anatolica antica, per cui ogni piccolo elemento, in relazione con gli altri, concorre alla creazione del disegno finale. Elemento fondamentale di questo effetto è il sapiente uso del colore, caratteristica unica dell’annodatura anatolica.

La struttura della tessitura suggerisce una provenienza dal distretto tessile di Ushak, in Anatolia occidentale, della cui intensa attività si hanno notizie sin dal XV secolo.

I dati storico-artistici di questo tappeto, integrati dai risultati dell’esame al Carbonio 14, indicano una datazione compresa nella prima metà del XV secolo.