
dettagli oggetto
148707.2
Bergama Ghirlandaio
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Anatolia
occidentale
17° secolo
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264
154
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Tappeto “Ghirlandaio”
Anatolia occidentale, Bergama
XVII secolo, prima metà
cm 264 x 154
inv. 148707
Sono rari i tappeti di alta epoca che rappresentano il motivo dipinto da Domenico Ghirlandaio nel suo celebre quadro Sacra Conversazione degli Ingesuati (1483 circa). Il motivo raffigurato in quest’opera è costituito da due medaglioni a rombo i cui intrecci interni creano un rosone fiorito; quattro motivi angolari li incorniciano. Tale impianto non ha finora trovato riscontro in esemplari databili al XV o XVI secolo. Al contrario, il motivo compare ad arricchire alcuni elementi decorativi; si pensi a un importante esemplare a preghiera di tipo “Bellini”, conservato a Istanbul e datato alla metà del XV secolo, nella cui nicchia dalla ricca simbologia sacra è annodato. Esso compare ancora, in un tappeto a Berlino è utilizzato in schema modulare, probabilmente canto del cigno di uno stile compositivo più antico. Solo l’esemplare conservato a Brasov presenta l’impianto a due rosoni, ma difficilmente è databile a epoca antica. Il quadro di Dosso Dossi qui in mostra lo presenta annodato proprio in una preghiera “Bellini” nel 1535 circa.
Il dipinto del Ghirlandaio si pone idealmente come termine ante quem utile per collocare la possibile presenza di tale decoro nella produzione anatolica, cautelativamente posta almeno a iniziare dal XV secolo. Il disegno a intrecci che compone il motivo sembra infatti appartenere alla categoria elaborata dai moduli geometrici selgiuchidi e trecenteschi. Nonostante il vivace dibattito sull’origine di questo motivo ornamentale, è difficile stabilire se sia nato come decoro modulare o come disegno a sé stante, alla stregua dei grandi disegni “Holbein”. Nella ricerca, assai complessa, sul significato simbolico dei disegni rappresentati nei tappeti, da Jon Thompson ne è stata proposta una lettura come rielaborazione dell’immagine del “piedistallo a forma di fiore di loto” tipico dell’arte buddista. Il medesimo si trasformerebbe qui in un medaglione a “forma di loto” dalla corolla multipla, non molto diversamente da quanto si trova raffigurato in alcuni tappeti persiani del XV e XVI secolo, come ad esempio nel tappeto a medaglione “Tabriz” in mostra. Essi rappresenterebbero il trono del Budda e, dunque, il luogo stesso dell’elevazione mistica, forse la montagna primordiale fluttuante sulle acque da cui origina la creazione stessa del mondo. Non deve stupire questa commistione tra culture e tradizioni diverse all’interno dell’Islam nelle terre d’Oriente dove le vie della Seta avevano creato straordinari sincretismi.
Il campo di questo raro esemplare presenta due medaglioni centrali, incastonati con un rettangolo a disegno multiplo. A questi si accompagnano altri medaglioni simili, inclusi in riquadri dal profilo scalettato e punteggiato da “germogli” parzialmente visibili sotto la cornice. Il fondo del campo è arricchito da file di piccole stelle, a memoria della ricchezza di motivi che costituiva usualmente gli impianti più antichi; a questo proposito ricordiamo le minute stelle che completano il decoro nel tappeto a grandi disegni “Holbein”.
La vivace cromia, esaltata dal fondo verde intenso del campo e dal giallo saturo della bordura, dà un esempio della grande qualità e ricchezza cromatica della produzione anatolica, di cui si hanno solo sparse tracce, legandola in particolare alla sensibilità e alla tradizione della zona di Bergama, in Anatolia occidentale.
Il disegno di bordura è composto da un elemento a croce centrale ripetuto in righe sfalsate parzialmente ritagliate. La lettura di tale motivo sembra duplice, ed è suggerita dal taglio stesso della cornice: mentre nella sua interezza può ricordare gli elementi verticali e gli incroci della scrittura cufica ornata da minute foglioline e germogli, la sua metà suggerisce un piccolo germoglio con foglie affiancate, un decoro onnipresente nell’originaria decorazione a tralci arabescati sin dall’apparire (e invero compare nella bordura di alcuni tappeti quattrocenteschi). L’andamento modulare in questa sezione del tappeto crea un reciproco gioco di infiniti tra il campo e la bordura, che si ritroverà ancora nei tappeti anatolici e che indubbiamente contribuisce al fascino di queste opere d’arte tessile.
L’accostamento, particolarmente appropriato, con un quadro del pittore fiammingo Theodoor Rombouts, datato al 1620 circa, permette di collocare con una maggiore precisione questo tappeto alla prima metà del XVII secolo. Nel dipinto è raffigurato un esemplare dal fondo rosso con lo stesso impianto decorativo: medaglioni “Ghirlandaio” inclusi in un riquadro maggiore scalettato e punteggiato da “germogli” accompagnano un motivo ottagonale centrale di tipo a grandi disegni “Holbein”.