dettagli oggetto

inventory

170269.2

name

Isfahan

type

-

material

-

geographic area

Persia

zone

centrale

date

16° secolo, II metà

inscriptions

-

height

219

width

153

fragment

-

collocation

-

Tappeto a giardino e uccelli
Persia centrale, Isfahan
XVI secolo, ultimo quarto
cm 219 x 153
inv. 170269

Il fortunoso ritrovamento di questo tappeto – ceduto senza alcuna menzione particolare in occasione della vendita della casa nella quale era custodito – si accompagna alle sue straordinarie condizioni; armatura, cimose e testate in seta ne declinano la preziosità. I disegni di campo e di bordura lo collocano nel repertorio iconografico della Persia safavide del XVI secolo e, in particolare, in quello che fu definito stile “ad animali”.

Un lieve sfondo di fioriti tralci azzurri accoglie un paesaggio di arbusti in fiore, uccelli e nastri di nuvole. Un medaglione, appena accennato da un fine intreccio di arabeschi, suggerisce il punto focale del disegno, mentre due grandi fiori di loto sembrano indicare il centro di una “sacra rappresentazione”: due alberelli, infatti, si “inchinano” ai fianchi del loto mentre altri, a coppia, rimandano l’eco della riverenza. Uccelli cantano al fiore, altri vi abitano intorno. La conoscenza della poesia mistica persiana e dei modi che l’hanno raffigurata nei manoscritti sono di fondamentale importanza per comprendere l’iconologia delle arti visive, che godevano della medesima natura metaforica. È ben risaputo come dai capolavori di pittura miniata venissero tratte delle vere e proprie immagini di repertorio, adattate poi ai diversi media artistici.

Il paesaggio raffigurato è accostabile ad altre tipologie di tappeti dove questi motivi sono presenti, insieme a un medaglione evidente e a una fauna più varia, come i due tappeti conservati rispettivamente a Lione e a Lisbona. È dunque plausibile suggerire che la narrazione del disegno riporti un’immagine del paradiso celeste, ove si manifestano la gioia perfetta delle anime (gli uccelli) e i simboli della creazione divina. Il fiore di loto indica purezza, rinascita, eternità, ed è contornato da alberi dalla forte carica simbolica: melograno, rosa e pruno. Il medaglione centrale va invece inteso come cifra della creazione divina, mentre i fasci di nuvole confermano il celeste contesto della scena.

Metafore di questo genere erano comuni nel periodo del regno di Shah Tahmasp, in accordo con la forte vena mistica e religiosa che affiora a più riprese nella sua condotta personale e politica. Iconografie simili, oltre che nei tappeti, si trovano anche nelle rare testimonianze architettoniche dell’epoca. Quanto al disegno della bordura principale, esso presenta un motivo derivato dalle decorazioni del campo dei tappeti dipinti a Herat dal celebre pittore Behzad nella seconda metà del Quattrocento. Di grande impatto estetico, la sovrapposizione di piccoli motivi o cartigli fu particolarmente apprezzata nell’arte safavide del tappeto. Un gruppo di manufatti del Cinquecento la utilizza come decoro di bordura, si prenda ad esempio il tappeto a medaglione “Seley” conservato al Metropolitan Museum di New York.

Riguardo la presenza di tappeti persiani simili nella Venezia del Cinquecento, la lettura degli archivi medicei della seconda metà del secolo offre un dato interessante. Ivi sono nominati due tappeti fini orditi di seta, a fogliami, lavorati alla damaschina e mandati da Venezia; altri due esemplari menzionati abbinano la stessa lavorazione con disegni a fiorami e uccelli. L’uso della seta e della raffigurazione d’immagini zoomorfe confermerebbe una produzione persiana. Un successivo documento sulle stesse proprietà medicee, infatti, chiama i medesimi tappeti persiani. Curiosamente, questi dettagli sembrano descrivere esattamente il tappeto qui in esame: armatura in seta, uccelli e “fogliame”, a testimonianza che tale tipo di tappeti era conosciuto nella Serenissima.